La
«jihad del sesso»: prostituirsi
in
Siria nel nome di Allah
Il dramma delle «volontarie»
Una combattente al
fianco dei ribelli dell'Esercito siriano libero nella città di Aleppo
Sei,
le hanno trovate l'altro giorno. Rinchiuse nel bordello d'una periferia
siriana, al Kassir. Per terra i materassi, i preservativi e le scatole di
viagra, la biancheria e lo squallore. Sul pianerottolo, il viavai di tanti
aspiranti martiri che in attesa di premiarsi con le vergini del paradiso, tra
una battaglia e l'altra, si consolavano con le schiave tunisine. Due sono
incinte. Chissà di chi. Gli hezbollah le hanno consegnate ai soldati di Assad.
I soldati le hanno interrogate. «La nostra missione qui è nel nome della jihad
al-nikah», hanno risposto le ragazze: la guerra santa del sesso consigliata da
qualche imam salafita, prestare il corpo ai miliziani in Siria per garantirsi
la salvezza eterna. Qualcuna piangeva, però. E chiedeva di tornare a casa.
PIAGA SOCIALE - «Chiederemo a Damasco di
ridarcele - ha detto il ministro dell'Interno di Tunisi, Lofti Ben Jeddou,
esponente della maggioranza islamista di Ennahda, davanti a un Parlamento
ammutolito -. Molte di loro hanno avuto rapporti sessuali anche con venti,
trenta, cento mujaheddin. È una vergogna che va avanti da mesi. E noi restiamo
in silenzio, senza fare nulla». Tornano. Non sono più sole: avranno un bambino
da crescere. Sono solissime: nel Maghreb rurale, nei villaggi del Sud tunisino,
una madre senza uomo è solo una prostituta. Le jihadiste del sesso stanno
diventando una piaga in Tunisia, il Paese che offre più volontari alla guerra
contro Assad: il 40 per cento dei guerrieri di Allah viene da qui, la scorsa
primavera il governo ha bloccato seimila giovani pronti a morire per la Siria,
come tanti già fecero per l'Afghanistan e l'Iraq.
SOLA ANDATA - I maschi in cerca di gloria
sono in genere sotto i 35 anni, biglietto di sola andata, via Libia o Turchia:
secondo un rapporto Onu, pagati con soldi del Qatar. Famose in Tunisia le
immagini, riprese dalla telecamera dell'aeroporto d'Istanbul, d'una moglie che
al «gate» supplicava il marito fondamentalista di non imbarcarsi per Damasco.
Lo scorso giugno, è partito pure un viaggio della speranza: avvocati e
familiari in volo per la Siria e per convincere i ragazzi a ripensarci. La
macchina della jihad è ben oliata. Il reclutatore tunisino, Abu Jihad, è un
veterano dell'Afghanistan che combatteva coi talebani già prima dell'11
settembre. Finora, però, organizzava comitive perlopiù maschili. Da febbraio,
dopo una fatwa attribuita allo sceicco saudita Mohamed al-Arifi che invitava le
giovani tunisine a partire pure loro (non per combattere, ma per allietare le
ore dei valorosi jihadisti), qualcosa è cambiato.
TESTIMONIANZE - L'Islam prevede che sia
solo il padre a trasmettere la religione: su questa base, i predicatori
convincono ragazze di famiglie povere, minorenni e spesso analfabete, che sia
giusto rischiare anche gravidanze indesiderate. «Molti di loro - spiega Al Hadi
Yahmad, esperto di gruppi islamici nordafricani - hanno spinto donne anche
siriane a sposare i miliziani per qualche ora: all'uomo è concesso di
consumare, prima di ripudiarle». E così, quella che all'inizio sembrava una
leggenda, viene ora confermata (per la prima volta in maniera così dettagliata)
dai vertici di Ennahda, dai dossier su tredici prostitute bambine che avrebbero
raccontato la loro esperienza al fronte, da siti e tv. Spunta la testimonianza
d'un marito costretto al divorzio, dopo l'improvviso addio della giovane moglie
partita per la guerra. E gira in replica continua quella dei genitori di
un'adolescente di 17 anni, Rahmahat. Lei è tornata e loro sono felici, dicono.
Poi tacciono un attimo. E aggiungono: «Non la riconosciamo più».
Incollato
da <http://www.corriere.it/esteri/13_settembre_21/jihad-sesso-prostituirsi-siria-nome-allah_39c69b68-229a-11e3-b502-24e91794bc4d.shtml>
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